“Donna fatale, seduttrice impenitente, alla quale non è possibile resistere”. Definizione che il vocabolario Treccani associa al termine “femme fatale”, in italiano “donna fatale” o “vamp”. L’espressione nasce in Francia nella metà dell’ottocento, per indicare una figura femminile che si contrappone all’angelo del focolare domestico, modello imposto dall’imperante borghesia. Figura dalla bellezza perversa, ammaliatrice, lussuriosa, crudele, artificiosa, temibile ed erotica. Affascinante decadenza fin de siècle simile al dandismo, trova nel vestire la più immediata manifestazione. Le femme fatale si destreggiano nell’uso di abiti, trucchi, profumi e gioielli esuberanti per affascinare. Strumenti, o forse armi, con cui affermare una personalità ferina. (Noris, L’eterno mito della femme fatale, 2022)
La Belle Epoque contraddistingue un periodo storico caratterizzato da grandi cambiamenti scientifici, economici e sociali. Novità come la scoperta della luce elettrica e della penicillina, dell’uso dell’automobile e dell’aeroplano, della radio, del telefono e del cinema, andarono di pari passo con l’avvio della rivoluzione industriale, con il conseguente sviluppo di nuove classi sociali emergenti: una borghesia imprenditoriale cominciò ad affiancarsi ad una nobiltà da tempo con risorse economiche ridotte.
Questa nuova classe sociale, contraddistinta da buona disponibilità economica, diede origine a cambiamenti sociali epocali. Tra questi, sicuramente uno dei più importanti fu l’evoluzione del ruolo femminile all’interno della famiglia e della società. Le donne lasciarono il ruolo riduttivo “di mogli e madri” per cominciare a lavorare come salariate. Ovviamente con grandi differenze tra le classi più povere (dove le donne lavoravano come operaie a fianco degli uomini, ma con salari più bassi) e quelle delle classi agiate, dove le donne cominciarono ad emanciparsi avendo ora accesso all’istruzione scolastica, a sbocchi professionali e politici, ed anche a nuovi sport come il nascente tennis. Questa uscita dallo stretto ambito familiare, dove per secoli erano rimaste relegate a dedicarsi alla famiglia, vide in pochi anni due premi Nobel femminili (Curie e Montessori), e la presenza sulla scena letteraria e culturale di innumerevoli protagoniste femminili. In politica, il movimento delle “suffragette” mosse i primi passi verso il diritto al voto da parte delle donne. E, contestualmente, si fece strada una nuova “immagine” della donna: quella della “femme fatale”, che veniva descritta come emblema della sensualità femminile, della raffinatezza e dell’eleganza. E grazie alla consapevolezza dell’esistenza di un pubblico femminile (e di conseguenza di un “mercato”) ed alla diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione quali i giornali, la fotografia ed il cinema, questo modello femminile divenne iconico della Belle Epoque . La femme fatale era rappresentata come grande seduttrice, ammaliante, spesso perversa, crudele e spregiudicata. La personificazione stessa della sessualità, l’emblema dell’amore carnale, della passione e dell’istinto predatorio.
Ovviamente questa icona era valida soprattutto per le classi più ricche e non certo per le ragazze delle fasce più povere della popolazione. Ma per le ragazze benestanti ora si modificavano i rapporti convenzionali con gli uomini, avendo accesso a locali pubblici, a balli e ricevimenti, a manifestazioni mondane quali le corse all’ippodromo o i pomeriggi in spiaggia. Questo riavvicinamento fisico tra i sessi andò di pari passo con un rinnovamento della moda, che registrò grandi cambiamenti puntualmente testimoniati dai pittori del tempo, da Boldini a De Nittis e Corcos per finire a Grosso. Il corpo femminile apparve progressivamente “liberato”, a cominciare dall’abolizione dei corsetti con le stecche per finire all’adozione di nuove “mises” dedicate all’equitazione, al tennis o ai “pomeriggi mondani”.
Mentre con la Belle Époque in Francia si afferma l’impressionismo con grandi artisti come Renoir, Manet, Degas, Cézanne, Monet, in Italia nasce il Futurismo con il Manifesto di Filippo Tommaso Marinetti. Ed in tutta Europa si diffondono le produzioni di massa di manifesti pubblicitari, e questi saranno uno dei veicoli di espansione dello stile artistico che caratterizza quest’epoca: l’Art Nouveau. In Italia verrà chiamato Stile Liberty, ed avrà come capitale indiscussa la città di Torino.
Ma sarà soprattutto la parabola parigina di Giovanni Boldini a diventare esemplare di una stagione ritrattistica che tra moda e pose dispiega la complessa varietà femminile tanto nella lussuosa e felpata intimità dei salotti privati quanto sul palcoscenico rutilante della vita urbana.
Le donne sono le protagoniste assolute dell’arte del tempo. Queste signore aristocratiche, eleganti e alla moda, esibiscono un’inedita civetteria sognante, spesso pervasa di inquietudine, affermando una nuova identità della donna nella società emancipata dagli stereotipi di decenni di iconografia femminile vista esclusivamente come “angelo del focolare”. Invece, nel periodo a cavallo tra ‘800 e ‘900 in campo pittorico la femminilità si mostra in tutto il suo stile, si manifesta in tutta la sua forza aggraziata e la sua capacità di sedurre; il legame della donna con il nascosto, il segreto e l’oscurità mantiene fascino, grazia ed eleganza, nonostante l’inquietudine. Queste innumerevoli figure femminili che si affacciano alla ribalta a volte sono impertinenti, altre appaiono trasognate, leggere e danzanti, in certi casi languide, in altri perfino ironiche e caricaturali.
Il mito della Belle Époque, con la sua immagine di età dell’oro animata da un’incredibile euforia, è il riflesso del respiro europeo e del desiderio d’innovazione che hanno segnato fondamentali cambiamenti nella società, nel gusto, negli stili di vita e nella comunicazione dell’età contemporanea. Quel clima effervescente, ancora capace di coinvolgerci, rivive in un percorso costruito sul filo sottile della seduzione femminile, un tema trasversale nella ricerca visiva tra Ottocento e Novecento. Bellissime e intriganti, oggetti del desiderio ma anche soggetti consapevoli del loro potere, spregiudicate e ormai proiettate verso l’emancipazione, le donne rappresentate nell’arte, nella decorazione, nell’editoria, nella moda e nella pubblicità furono migliaia. I loro tratti, i loro corpi sinuosi e i loro atteggiamenti, sospesi tra realtà e immaginario, sono ancora oggi riconoscibili come icone di uno stile ineguagliato. (Noris, op. cit)